Oltre alle famosissime Murano, Burano e Torcello, la Laguna di Venezia custodisce un vero e proprio arcipelago di isole, ognuna con una storia, una vocazione e un’anima uniche. Queste isole, grandi o minuscole, abitate o disabitate, edificate o selvagge, compongono un mosaico sorprendente che si rivela al visitatore disposto a spingersi oltre le rotte più battute. L’autunno, con il suo clima mite e le sue luci dorate che si riflettono sulle acque lagunari, è la stagione perfetta per esplorarle. E per chi non possiede una barca, i mezzi pubblici veneziani offrono l’opportunità di scoprire alcune delle gemme più affascinanti della laguna, comodamente raggiungibili dai terminal della città.
Nord e sud
Il viaggio inizia con una scelta: dirigerti verso la laguna nord o verso la laguna sud? Se pensi a Venezia come a un pesce stilizzato, la laguna nord si stende sopra la “schiena” dell’animale, un intrico di barene e canali dove acqua e terra si intrecciano in un equilibrio delicato. La laguna sud, invece, si dispiega sotto la “pancia” del pesce, con distese d’acqua interrotte da isole che sembrano monasteri galleggianti, avvolte in un’aura di pace e spiritualità.
Partendo da Piazza San Marco, una breve corsa in vaporetto verso sud ti porta a San Servolo. Qui inizia il tuo percorso lontano dalle folle, tra luoghi che raccontano storie di fede, scienza e tradizioni radicate nei secoli.
“L’isola dei matti”
La prima fermata della linea 20 (partenza dall’imbarco San Marco - San Zaccaria B) è San Servolo, riconoscibile già da lontano grazie ai suoi due campanili che si stagliano contro il cielo, incorniciando una piazza dall’atmosfera sospesa, quasi metafisica. Situata tra San Giorgio e il Lido, l’isola affascina con la sua chiesa barocca e il maestoso ex monastero settecentesco, che fino a pochi decenni fa ospitava un manicomio, luogo di ricerca e riflessione per Franco Basaglia.
Oggi, l’isola è uno spazio vivo, che accoglie la Venice International University e si anima con eventi, concerti e manifestazioni legate al calendario culturale veneziano. Tra i giardini e i chiostri si respira una serenità rara, ma l’attrazione principale è il Museo del Manicomio, dedicato agli studi rivoluzionari di Basaglia. In pochi minuti di vaporetto, San Servolo diventa una tappa imperdibile per chi cerca arte, storia e un contatto diretto con il passato di Venezia.

Una gita in Armenia
Proseguendo sulla stessa linea, arrivi a San Lazzaro degli Armeni, un luogo fuori dal tempo che racchiude tesori inestimabili. Questa minuscola isola è la sede della congregazione mechitarista armena e un incredibile centro culturale e religioso. Qui convivono una mummia egiziana perfettamente conservata, un gesso di Canova, antichi manoscritti armeni e una biblioteca con 170.000 volumi. La storia di San Lazzaro è strettamente legata alla Serenissima, che nel 1717 accolse l’abate Mechitar e la sua comunità in fuga dai Turchi. Grazie alla congregazione, l’isola divenne un faro per la cultura armena, tanto che ancora oggi gli armeni di tutto il mondo guardano a San Lazzaro come a un simbolo di speranza e continuità.
L’isola offre un’esperienza unica, fatta di silenzio, accoglienza e bellezza. Visitandola, scoprirai i segreti della sua chiesa settecentesca, i giardini curati con amore e i tesori della biblioteca e del museo. I padri mechitaristi guidano i visitatori con un sorriso, trasformando la visita in un vero e proprio viaggio nella storia e nella spiritualità. La visita all’isola e al museo sono sottoposte a prenotazione obbligatoria.

Peste e carciofi
Da sud spostati a nord, verso il Lazzaretto Nuovo, un’isola ricca di storia e fascino. Questa volta imbarcati dalle Fondamente Nove (pontile D) e raggiungerai prima la fermata Capannone e poi sarai traghettato al Lazzaretto (la visita va prenotata). Quest’isola racconta il passato oscuro di Venezia, quando nel 1468 divenne un lazzaretto per isolare gli appestati. Oggi è un luogo di ricerca e conservazione, gestito da associazioni di volontariato che organizzano visite guidate tra il Teson Grando, l’antico ricovero dei malati, e i pozzi e le strutture fortificate. Da aprile a ottobre, ogni weekend è possibile esplorare quest’isola suggestiva, ammirando il paesaggio delle barene, le praterie sommerse che emergono dall’acqua.
Attraversando un piccolo canale, si raggiunge Sant’Erasmo, la più grande delle isole veneziane. Questo “orto di Venezia” è un paradiso di campi coltivati, vigneti e canali, dove il tempo è un elemento sospeso come la luce o l’umidità. I visitatori possono acquistare il celebre carciofo violetto, presidio Slow Food, direttamente dai contadini, o passeggiare fino alla Torre Massimiliana, una fortezza asburgica che regala una vista spettacolare sulla laguna. Se però non ti imbatti nei contadini che espongono la propria merce sul cassone dell’Ape, vai da I&SFarm, il biologico di Sant’Erasmo.

Il deserto in laguna
L’ultima tappa conduce a San Francesco del Deserto, una delle isole più affascinanti della laguna. Per raggiungerla, si parte da Burano (da Venezia, imbarco Fondamente Nove A, dove è possibile prendere un taxi acqueo o unirsi a un tour). Circondata da cipressi e bassifondi, questa piccola isola sembra galleggiare sull’acqua, un’oasi di serenità fondata – secondo la tradizione – da San Francesco d’Assisi di ritorno dalla Quinta Crociata.
L’isola è abitata da una comunità di frati francescani, che accolgono i visitatori con grande cordialità. Durante la visita, si possono esplorare i chiostri, la chiesa e i giardini, o persino soggiornare nella foresteria. Passare la notte a San Francesco del Deserto significa immergersi in un silenzio quasi irreale, rotto solo dal lieve mormorio della marea e dal canto degli uccelli, per poi svegliarsi circondati dalla luce dorata dell’alba riflessa sull’acqua.
Se non ti sei fermato a Sant’Erasmo per mangiare qualcosa, starai morendo di fame. Fai ritorno a Burano, allora, e tuffati nella grande cucina veneziana Da Romano, storico ristorante dell’isola, o all’Osteria Al Museo, indirizzo più recente ma ottimo. Inoltre, fai incetta di deliziosi biscotti buranelli, gli essi, da Luigi Palmisano.
